Parte generale

ALLENARSI A COMPETERE

La trascrizione completa dell'intervento di Simona Conti al CNT TALK del 1giugno 2020

Prima di iniziare vorrei fare una premessa. Quella di questa sera come avete visto anche con Maristella, vuole essere una chiacchierata, non una lezione frontale. La premessa che vorrei fare é che nella seconda parte di questo talk, vorrei che non ci siano tanto domande rivolte a noi, ma piuttosto osservazioni e riflessioni in merito all'argomento che abbiamo proposto ed alle vostre esperienze. Noi non vorremmo essere qui per rispondere alle vostre domande, anche perché probabilmente non siamo neanche in grado di farlo, non siamo ne psicologhe, ne mental coach, ma semplicemente tecnici che lavorano sul campo come voi. Quindi non abbiamo in tasca la ricetta o la soluzione ne ai nostri, ne ai vostri problemi. Semplicemente abbiamo la nostra esperienza sul campo così come voi avete la vostra. Noi abbiamo portato a voi la nostra esperienza e le nostre riflessioni, vorremmo che voi portaste a noi, e a tutti, le vostre.

La prima é che, nonostante il mondo sia sempre più competitivo, infatti in qualunque aspetto della vita ormai siamo chiamati a competere ed eccellere, i bambini nella scuola, nello sport, nella musica, si pretende sempre da loro che siano i migliori. Ecco, nonostante questo, oltre alla gestione dell'agonismo di cui parlava Maristella, io penso che le nuove generazioni siano sempre meno in grado di competere. Le generazioni di oggi non sanno gestire la sconfitta, sono sempre meno resilienti, non hanno capacità di rispondere alle difficoltà, si arrendono. E anche nella gestione delle emozioni trovo le ultime generazioni sempre più apatiche, sempre meno in grado di trasmettere le loro emozioni soprattutto quelle positive, invece trovo che vivano con estremismo le emozioni negative. Tutto questo si traduce nel non essere in grado di vivere serenamente la competizione e così capita di vedere, magari nelle partite più importanti, ragazzi e squadre intere, estremamente preparate dal punto di vista tecnico e dei fondamentali, che però non sono in grado di gestire le difficoltà e la tensione emotiva che si può creare di fronte ad un evento importante e capitolare al primo imprevisto senza essere in grado di rialzarsi. Ragazzi bravissimi, che non riescono a mettere in pratica nella gara ciò che sono tanto bravi a fare in allenamento.

L’altra osservazione è che ragazzi, anche in giovanissima età, sono sempre più bravi e inquadrati dal punto di vista tecnico e dei fondamentali. Ho la sensazione che noi allenatori stiamo cercando di compensare quella involuzione delle capacità motorie di cui si sente tanto parlare, non cercando un ampliamento del bagaglio motorio, ma con un estremo affinamento della tecnica già in età giovanile. Cioè i ragazzi oggi fanno più fatica ad eseguire in maniera spontanea gesti tecnici quali il lanciare o il colpire, a causa delle loro capacità motorie molto limitate e quindi ci “accaniamo” su di loro cercando di inculcargli quel fondamentale in maniera artificiale e non lasciandoglielo esplorare e scoprire in maniera naturale perché questo su di loro richiederebbe molto più tempo.

Io credo che queste due osservazioni siano estremamente connesse tra loro. Vediamo come.

Il concetto è espresso in maniera molto sintetica, ma altrettanto chiara, in un’immagine del libro di Ken Ravizza Heads Up Baseball 2.0. Il concetto fondamentale è che le abilità che alleniamo in allenamento siano troppo poco connesse con le abilità necessarie per competere con successo in partita.

Negli allenamenti dei nostri bambini e ragazzi, già in giovane età, nella programmazione dei nostri allenamenti diamo estrema rilevanza all’allenamento dei fondamentali di gioco ed alla tecnica, dimenticandoci però qual é la funzione della tecnica, e cioè l'efficacia. Facciamo tantissime ripetizioni, ma il nostro non è uno sport artistico dove si premia la bellezza del gesto. Nel baseball la tecnica non è il risultato, la tecnica è un mezzo. Noi non dobbiamo fare un bel giro di mazza e l'arbitro dice "bel giro, doppio, vai in seconda!". Non funziona così. Noi dobbiamo colpire una pallina lanciata da uno che tenta di non farcela colpire, e la dobbiamo colpire forte e soprattutto in situazione di stress emotivo. Quanto effettivamente ci alleniamo a fare questo?

Io credo che i nostri allenamenti, soprattutto con le giovanili, ma anche in età adulta, siano ancora estremamente diversi dalle partite. 

In allenamento facciamo tante ripetizioni, ricerchiamo la giusta tecnica, la perfezione dei gesti, spesso le ripetizioni sono fatte senza un eccessivo coinvolgimento cognitivo, e soprattutto senza coinvolgimento emotivo. 

In partita è esattamente il contrario. Siamo chiamati ad eseguire poche o pochissime ripetizioni, nelle quali ci interessa l’efficacia e non la tecnica o la bellezza del gesto, spesso abbiamo un discreto coinvolgimento cognitivo, perché oltre a fare dobbiamo anche pensare, ragionare e reagire di conseguenza, quante volte diciamo ai nostri ragazzi “usa la testa”, ma li abbiamo mai allenati a farlo? Ma soprattutto in partita c’è un enorme coinvolgimento emotivo, soprattutto nelle partite clou della stagione. 

La neuro scienze dicono che le informazioni efferenti arrivano al nostro cervello, poi passano attraverso il centro delle emozioni prima di elaborare una risposta. Quindi, che lo vogliamo o no, prima di qualunque decisione o azione, ci sarà sempre una reazione emotiva. Noi alleniamo i ragazzi a gestire queste reazioni emotive?

Quindi, se vogliamo aiutare i nostri ragazzi ad imparare a competere, cosa dobbiamo fare? 

Questo è un altro concetto espresso in maniera molto semplice e chiara in un’altra immagine del libro di Ken Ravizza Heads Up Baseball 2.0. La risposta è dobbiamo rendere i nostri allenamenti più simili possibile alla partita. Dobbiamo fare in modo che questi due cerchi si connettano il più possibile. 

Credo che in giovane età spostare il nostro focus dal fondamentale e dalla tecnica, in favore dell’imparare a competere, abbia solo risvolti positivi. Le esercitazioni tecniche e l’acquisizione dei fondamentali attraverso la ripetizione sono noiose, e poco motivanti. Richiedono caratteristiche mentali che bambini a ragazzi in giovane età ancora non hanno. Bambini e ragazzi non sono ancora in grado di fare ragionamenti astratti, non sono in grado di capire che l’allenamento noioso e ripetitivo di oggi darà i suoi frutti domani, loro hanno una mentalità concreta, i loro ragionamenti si fondano sul “qui e ora”, a loro interessa quello che fanno adesso, loro si vogliono divertire e vedere i risultati adesso, subito. 

Allenarli a competere è allenarli a essere efficaci. E per essere efficaci devono saper pensare lucidamente e saper sfruttare il loro talento anche quando la pressione sale. I ragazzi di oggi hanno un forte bisogno di percepirsi efficaci e competenti. Hanno bisogno di ottenere risultati in breve tempo, altrimenti mollano. Se nel giro di qualche allenamento non sono in grado di colpire la pallina, smettono. Se nel giro di qualche partita non smettono di prendere strike out, smettono. Quindi per noi è fondamentale che abbiano successo ed è fondamentale la loro percezione di competenza. E' per questo che in giovane età ritengo più importante puntare sull’efficacia piuttosto che sulla tecnica, per appassionarli e fidelizzarli. Poi, crescendo, sarà una loro esigenza migliorarsi e allora saranno disponibili ad allenamenti più noiosi e ripetitivi per apprendere la tecnica. 

In conclusione. Come possiamo fare a rendere i nostri allenamenti più simili possibile alla partita? 

Io credo che il mezzo migliore che abbiamo a disposizione sia il GIOCO. 

Chi di voi mi conosce sa che io sono fissata sull’utilizzo del gioco per insegnare il baseball, ci ho anche fatto la tesi di laurea sull’imparare il baseball giocando, e vorrei ribadire ancora una volta questa mia convinzione. Questo non vuol dire che io con le mie squadre, anche giovanili non faccia ripetizioni, le faccio eccome, ma una buona parte dell’allenamento la riservo sempre al gioco e ad attività competitive perché quale miglior modo per imparare a competere se non competere. Quale miglior modo per imparare a giocare se non giocare. 

Facciamo giocare di più i bambini. Perché il gioco è funzionale ai nostri obiettivi. Il gioco è il mezzo più funzionale in giovane età. Il gioco è divertente, tiene alta la motivazione. Il gioco è allenante, non è detto che attraverso il gioco non si possano imparare i fondamentali, ed anzi, li si impara in una forma molto più stabile per il bambino perché li impara non in modo induttivo, ma attraverso la scoperta guidata e il problem solving. Il gioco è altamente educativo, perché insegna a competere, insegna ad affrontare la vittoria con rispetto, ma soprattutto insegna che si può anche perdere e insegna a perdere e vivere la sconfitta senza frustrazione. Il gioco insegna a competere, perche insegna ad affrontare tutte quelle situazioni psicologiche di ansia e tensione che comporta la competizione. 

C’è una frase che mi piace tantissimo. Vale la pena che un bambino impari piangendo quello che può imparare ridendo? Ecco, perché insegnare il baseball attraverso la noiosa e poco stimolante ripetizione quanto lo si può imparare attraverso il gioco? Che oltretutto insegna insieme anche a competere?

Quindi. Quali giochi?

Tranne che con i più piccoli, egocentrici e non sociocentrici, che prediligono giochi individuali o comunque giochi di squadra ma a partecipazione individuale, in cui ognuno fa il suo compito senza collaborare con gli altri, con i più grandi prediligo giochi di squadra. Questo perché è importante che imparino anche la collaborazione e la cooperazione di squadra, che imparino quei concetti come il si vince e si perde insieme, se un compagno sbaglia devo imparare ad aiutarlo e sostenerlo ecc. Inoltre con i grandi non mi piace fare gare o giochi individuali perché non ho piacere che vogliano essere «i migliori», con le mie squadre lavoro tanto sull’orientamento al compito, cioè migliorare sé stessi, non essere migliori i relazione agli altri. Quindi non mi piace metterli in competizione tra loro. 

Detto questo, al di la di tutti i giochi e giochini inerenti i singoli fondamentali, il gioco del taglio, il gioco del quadrato ecc ecc, dei quali trovate tanti spunti anche qui sul mio sito internet A Scuola di Baseball o sul canale YouTube A Scuola di Baseball, oggi vi vorrei far vedere due giochi un po’ più globali. Due giochi che possono essere fatti in alternativa alla partitella di fine allenamento, perché spesso anche quella dai miei ragazzi, forse per abitudine, perchè sono abituati a farla a tutti i fine allenamento, non la giocano con la stessa carica agonistica che c’è in partita.

Ogni battitore ha solo 3 palline a disposizione, non come nel pb classico che se l’ultima la battono male gliela rifacciamo. Qui è come in partita. Hai 3 palle punto. Se voglio fare punto le battute devono essere efficaci, devo colpire forte e in linea. Se rimbalza non è punto, se viene presa al volo non è punto. Quindi stimolo quell’efficacia dell’esecuzione di cui si parlava prima. Il gioco è a tempo, quindi devono stare attenti a quand’è il loro turno ed essere veloci a presentarsi nel box altrimenti il tempo scorre. Se vogliamo aggiungere un’ulteriore componente possiamo far aspettare gli attaccanti in attesa in fondo al campo, così quando sta a loro per andare a battere devono fare una corsa di 50-60mt e al loro arrivo nel box riproduciamo artificialmente quella condizione fisiologica causata da stress emotivo che potrebbe verificarsi in partita. Affanno, battito cardiaco accelerato e quindi devono imparare a gestirla. I difensori non pascolano per il campo, altrimenti le palle cadono e sono tutti punti. Corrono come dei dannati per prendere le palle al volo e lavorano su competenze e sul chiamare la palla. Tutti sono attivi.

Anche in questo caso ogni battitore ha solo 3 palline a disposizione, come in partita. Stimolo a ricercare contatti efficaci, altrimenti non faccio punto. Anche in questo caso il gioco è a tempo, quindi lavoro sull’attenzione. Anche in questo caso posso aggiungere la corsa prima di presentarsi nel box, per riprodurre la condizione di battito accelerato da ansia. Qui c’è anche un’importante componente cognitiva, e di capacità di prendere decisioni. Quando sulla terza battuta sono chiamata a correre sulle basi. Ogni basi in più che conquisto è un punto extra, ma se mi eliminano perdo anche i punti già guadagnati. Quindi devo imparare a prendermi dei rischi, ma dei rischi calcolati, altrimenti ci rimette la squadra. L’essenza della partita. In questo gioco sono molto stimolati anche i difensori. I difendori si allenano sull’imprevedibilità, componente che alleniamo molto poco. Con le fungate, anche quelle random, bene o male sanno sempre con anticipo quando la battuta è su di loro. In partita devi sempre essere pronto poi magari la palla non ti arriva mai, come in questo gioco. I difensori inoltre giocano ogni palla sotto pressione, in particolare la terza, in cui c’è anche il corridore. Tutti sono attivi. Questo è il gioco che io utilizzo per allenare la difesa prima delle partite importanti.

Concludo con una frase che mi piace molto, perchè noi tecnici spesso ci nascondiamo dietro l'alibi del tempo. 2 allenamenti a settimana....


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Allenarsi a competere
Simona Conti
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Zoom, 1 giugno 2020